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Compiamo in media tra i 12 ed i 16 atti respiratori in un minuto. Potremmo anche provare a misurare questo dato che, in termini tecnici, altro non è che la Frequenza Respiratoria (FR): comodamente seduti, con un orologio a portata di mano, contiamo quante volte inspiriamo ed espiriamo nell’arco di un minuto.
Il complesso muscolare deputato alla respirazione è detto “sistema di pompa”, a cui partecipano numerosi muscoli. Quanti di noi hanno provato, per esempio in palestra, esercizi di respirazione con il diaframma o con il torace? Bene, il diaframma è uno di questi muscoli ed è il muscolo principale della respirazione. Ne abbiamo però tanti che aiutano il diaframma in questa attività, come i muscoli addominali e poi ci sono i muscoli accessori, quelli che intervengono in particolari condizioni, per esempio durante una corsa.
A protezione dell’apparato respiratorio c’è il muco che ingloba le particelle e gli agenti patogeni dannosi che possono così essere facilmente eliminati, ciò che poi andremo a definire secrezioni. Ciò avviene normalmente tramite un meccanismo detto “clearance mucociliare”: le secrezioni sono spostate dalle cellule che rivestono le pareti interne dell’apparato respiratorio. Queste cellule presentano delle ciglia vibratili atte a questo scopo. In ultima istanza abbiamo la tosse, riflesso a tutti noi noto, che è un po’ la somma dell’equilibrio del sistema di pompa muscolare (quindi delle pressioni e dei volumi) e della clearance mucociliare.
Si è anche detto che l’attività respiratoria non è completamente automatica, possiamo parzialmente controllarla: durante l’attività fisica, se siamo particolarmente concentrati o tesi o semplicemente perché vogliamo farlo per gioco, noi siamo in grado di controllare il nostro respiro (ovviamente questo controllo avrà una durata più o meno variabile in relazione al nostro grado di allenamento e dipenderà sempre da fattori metabolici che tengono costantemente sotto controllo la quantità di ossigeno circolante nel nostro sangue).
Immagina ora che qualcosa in tutto questo complesso sistema non funzioni più correttamente: le secrezioni non possano essere smaltite, il tessuto polmonare sia poco elastico, la tosse non sia efficace, il diaframma sia debole, allora l’attività respiratoria sarà alterata e non sarà più un gesto economico per il nostro corpo. Respirare diventa allora un’attività che costa fatica, gli atti respiratori aumentano e non ci garantiscono un corretto scambio di gas. Possiamo considerare i nostri polmoni come una spugna, tanto più la strizziamo tanta più acqua riassorbirà. I polmoni faranno lo stesso, più aria esce più ne accetteranno al respiro successivo.
Nel contesto di scambio dei gas questo si rifletterà anche su una riduzione della nostra autonomia nelle attività di vita quotidiana (ADL), dal momento che i nostri muscoli usano ossigeno durante la loro contrazione.
Se poi torniamo a pensare all’attività respiratoria in senso più stretto, nel momento nel quale si evidenzia la patologia respiratoria, si vive nella costante sensazione di “fame d’aria” (ciò che ci definisce in termini più semplici la dispnea), è un po’ come la sensazione di affogare perennemente. Qui si comprende come diventino difficoltosi i gesti più semplici, come pettinarsi, mangiare o fare quei due gradini che ci separano dal portone di casa per uscire.
Da queste considerazioni comprendiamo quanto la riabilitazione respiratoria sia importante per la persona affetta da patologia respiratoria per: ridurre i sintomi, stabilizzare la sintomatologia, controllare le recidive, garantire le capacità funzionali per una valida autonomia nelle ADL, in virtù del fatto che respirare è quanto di più fondamentale e naturale nella vita di tutti noi.
Fonti:
A. Brivio, M. Lazzeri, G. Oliva, E. Zampogna “La disostruzione bronchiale – dalla teoria alla pratica”
M. Lazzeri, E.M. Clini, E. Repossini, A. Corrado “Esame clinico e valutazione in riabilitazione respiratoria”
https://www.epicentro.iss.it/broncopneumopatia/
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